Incidenti in cantiere e responsabilità del Datore di lavoro - sentenza Cassazione n. 41172/2024

Incidente mortale in cantiere: il datore di lavoro resta sempre responsabile

La Corte di Cassazione ribadisce responsabilità ed obblighi del datore di lavoro in merito alla sicurezza dei suoi dipendenti

La questione delle responsabilità in ambito lavorativo, in particolare per quanto riguarda la sicurezza nei cantieri, è al centro di un acceso dibattito giuridico da sempre. La Corte Suprema di Cassazione si trova frequentemente a dover chiarire i confini tra le diverse figure professionali coinvolte, come il direttore dei lavori e il coordinatore per la sicurezza, e le loro rispettive responsabilità in caso di incidenti. Questo tema non solo tocca aspetti legali, ma coinvolge anche questioni etiche e morali, poiché ogni decisione presa in cantiere può avere conseguenze drammatiche sulla vita dei lavoratori.

La recente sentenza n. 41172/2024 della Cassazione (clicca QUI per scaricarla in formato PDF) offre spunti significativi per riflettere su come le normative vigenti siano applicate e interpretate, evidenziando l’importanza di un’adeguata gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Quali sono le implicazioni legali riguardo alle responsabilità del datore di lavoro, del direttore dei lavori e del coordinatore della sicurezza in caso di decesso di un lavoratore in cantiere, e come si intersecano i loro ruoli nella prevenzione degli infortuni sul lavoro?

Il caso riguarda un infortunio mortale avvenuto durante i lavori di ristrutturazione di un immobile. Nel dettaglio, i lavori venivano affidati dal committente proprietario dell’immobile all’imputato, il quale era l’amministratore unico dell’Impresa addetta ai lavori.

I lavori riguardavano la demolizione di alcune pareti dell’edificio preesistente. Altri lavori erano stati invece subappaltati a un’altra impresa che si occupava degli scavi e della trivellazione. Durante le operazioni, la parete di confine rimasta in piedi, priva di adeguati supporti e puntellamenti, crollava, causando la morte di un operaio dipendente dell’impresa subappaltante e ferendo anche l’imputato stesso. La parete era stata consolidata solo con una rete elettrosaldata, senza considerare che era priva di fondazioni e che il terreno era instabile a causa di recenti piogge. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado del Tribunale, che aveva già riconosciuto la responsabilità dell’imputato per non aver garantito le condizioni di sicurezza necessarie durante l’esecuzione dei lavori.

Motivi di accusa

L’accusa ha sostenuto che l’imputato avesse commesso diversi atti di negligenza, imprudenza e imperizia. Tra i principali motivi di accusa figurano:

  • mancata predisposizione del Piano Operativo di Sicurezza (POS): l’imputato non aveva fornito un piano adeguato per garantire la sicurezza dei lavoratori;
  • assenza di verifiche sulle condizioni di sicurezza: non erano state effettuate le necessarie verifiche riguardo alla stabilità della struttura e delle operazioni in corso;
  • inadeguata coordinazione con l’impresa subappaltatrice: l’imputato non aveva assicurato un coordinamento efficace tra le diverse imprese coinvolte nei lavori;
  • negligenza nelle misure di consolidamento: non erano state adottate misure adeguate per il consolidamento della parete crollata, che era priva di fondazioni e soggetta a instabilità a causa delle piogge recenti.

Motivi di difesa

In fase di difesa, l’imputato ha presentato due principali argomentazioni:

  • presenza del POS: l’imputato ha sostenuto che il Piano Operativo di Sicurezza fosse presente in cantiere, sebbene non rinvenuto dai giudici. Ha affermato che la documentazione fosse disponibile attraverso il direttore dei lavori;
  • ruolo del coordinatore per la sicurezza: la difesa ha indicato che la responsabilità per l’infortunio dovesse ricadere sul coordinatore per la sicurezza, il quale avrebbe dovuto vigilare sulle operazioni e garantire il rispetto delle norme. Si è argomentato che l’infortunio fosse stato causato da interferenze tra le attività delle due imprese coinvolte.

Per la Cassazione l’eventuale presenza di altri soggetti titolari di posizioni di garanzia non esclude la responsabilità del datore di lavoro

Gli ermellini hanno sottolineato che la posizione di garanzia dell’amministratore unico non poteva essere esclusa dalla presenza del coordinatore per la sicurezza. Anche se quest’ultimo era responsabile della sicurezza, gli obblighi del datore di lavoro rimanevano invariati e non erano stati rispettati. In particolare, la Corte ha evidenziato:

  • obbligo di sicurezza: l’amministratore unico aveva l’obbligo legale di garantire la sicurezza dei lavoratori e non aveva adempiuto a tale dovere (non aveva provveduto a puntellare la parete crollata; non aveva provveduto al coordinamento tra le due imprese, ecc.);
  • assenza del POS: la mancanza del POS (art. 96 comma 1 lett. g) del d.lgs. 81/08) è considerata una violazione grave delle normative sulla sicurezza sul lavoro;
  • ruolo del coordinatore: la Corte ha stabilito che, anche se il coordinatore per la sicurezza avesse avuto un ruolo attivo nel cantiere, ciò non escludeva la responsabilità del datore di lavoro per le violazioni commesse:

l’eventuale presenza di altri soggetti titolari di posizioni di garanzia non avrebbe escluso la responsabilità del datore di lavoro, in quanto in tema di infortuni sul lavoro, ciascun garante risulta per intero destinatario dell’obbligo di impedire l’evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia. 

In conclusione, la Cassazione ha ribadito che le responsabilità in materia di sicurezza sono condivise ma non escludibili; ogni figura coinvolta deve adempiere ai propri doveri specifici senza delegare completamente ad altri.

La Corte Suprema ha rigettato, quindi, il ricorso dell’imputato, confermando la condanna.