Infortunio in locale pubblico ad un ciente. Quali norme si applicano?

In questo articolo viene data risposta ad un quesito annoso che - spesso - mi sento fare nella mia attività lavorativa. In realtà la giurisprudenza è allineata da diversi anni, ed è sempre utile ribadirlo: l'81/08 non prevede la tutela ai soli lavoratori, ma anche ai terzi che frequentano l'attività (a determinate condizioni).

La sentenza Cass. Pen., Sez. IV, 27 febbraio 2023, n. 8483, rimette gli atti al Primo Presidente della Cassazione per assegnare la causa alla sezione civile competente all’esito di un ricorso proposto solo dai genitori di un bambino, costituitisi parti civili nel processo penale, contro la sentenza assolutoria del gestore di un bar accusato della violazione della normativa antinfortunistica.

Massima
In tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, trovano applicazione alla gestione di un esercizio commerciale di bar tabacchi le previsioni del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, allegato IV, punto i.3.6. atteso che dette disposizioni sono dettate anche per i locali in cui viene esercitata un’attività economica. Ne consegue che risponde del reato di lesioni personali colpose il gestore che, non provvedendo adeguatamente a segnalare una vetrata sulla quale un avventore sia andato a urtare violentemente provocandosi lesioni, posto che l’allegato IV del D.Lgs 81/2008 al punto 1.3.6 stabilisce che le pareti a vetrate siano segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all’altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero siano separate dai luoghi di lavoro e dalle vie di circolazione in modo che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti.

Sintesi
Con la sentenza Cass. pen., Sez. IV, 27 febbraio 2023, n. 8483, la S.C. si pronuncia, sebbene in via incidentale e senza adeguato approfondimento del tema, sul tema dell’applicabilità della normativa antinfortunistica ai titolari di esercizi aperti al pubblico come i bar.

Nella fattispecie il Tribunale, quale giudice di appello, aveva confermato la sentenza del Giudice di Pace di assoluzione del titolare di un bar tabacchi in ordine al delitto cui all’art. 590 c.p. in danno di un ragazzino di nove anni che, non accorgendosi della presenza di una vetrata di separazione tra l’esterno e l’interno del bar e, ritenendo che il passaggio fosse libero, aveva urtato contro tale vetrata, riportando in conseguenza di ciò lesioni giudicate guaribili in giorni 40.

La Cassazione ha accolto la tesi sostenuta dai genitori del bambino, costituitisi parti civili nel processo penale, ritenendo erronea la sentenza assolutoria, in quanto nella fattispecie, per la S.C., era applicabile la normativa in materia di prevenzione infortuni, a differenza invece di quanto sostenuto dai giudici di merito.

Fatto
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui il Tribunale, quale giudice di appello, aveva confermato la sentenza del Giudice di Pace di assoluzione del titolare di un esercizio di bar tabacchi, in ordine al delitto cui all’art. 590 c.p. in danno di un minore. Il processo aveva a oggetto un infortunio verificatosi nel modo seguente. Il ragazzino, di appena nove anni al momento dei fatti, nell’accedere all’esercizio commerciale “Bar Tabacchi” di proprietà dell’imputato, non si era accorto della presenza di una vetrata di separazione tra l’esterno e l’interno e, ritenendo che il passaggio fosse libero, aveva urtato contro tale vetrata e aveva riportato in conseguenza di ciò lesioni giudicate guaribili in giorni 40.

Le sentenze di merito non avevano rilevato profili di colpa in capo all’imputato causalmente ricollegabili all’evento lesivo occorso al minore osservando che:

a) non sarebbe obbligatorio conformarsi alle norme UNI 7697 e 1260 relative ai criteri di sicurezza nella applicazione delle vetrate;

b) non potrebbero applicarsi alla gestione di un esercizio commerciale le previsioni del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, allegato IV, punto i.3.6. poiché tali norme hanno a oggetto specifico la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;

c) neppure sarebbe ipotizzabile una colpa generica, posto che la presenza della vetrata era stata adeguatamente segnalata con una porta fissa, tendaggi interni ed esterni e adesivi di vario genere apposti su di essa.

Ricorso
Contro la sentenza proponevano ricorso per cassazione i genitori del bambino, costituitisi parti civili nel processo penale, sostenendone l’erroneità. In particolare, per quanto qui di interesse, veniva contestato il giudizio assolutorio, da un lato, ritenendo applicabili nel caso di specie le norme del D.Lgs. n. 81/2008. Secondo la difesa dei genitori, infatti, tale normativa relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro era dettata anche per i locali, quale quello in esame, in cui viene esercitata un’attività economica e che l’allegato IV del D.Lgs. 81/2008 al punto 1.3.6 stabilisce che le pareti a vetrate siano segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all’altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero siano separate dai luoghi di lavoro e dalle vie di circolazione in modo che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti. La vetrata sulla quale era andato a sbattere il minore non era chiaramente segnalata, non era costituita da materiali di sicurezza fino all’altezza di un metro dal pavimento e meno che meno al di sopra e infine non era separata dai luoghi di lavoro.

Dall’altro lato, la difesa dei genitori del ragazzo sosteneva poi l’applicabilità nel caso di specie delle norme UNI. In particolare, la norma UNI 7697/07 relativa ai Criteri di sicurezza nelle applicazioni vetrarie con rimando al D.L. n. 115/1995 (recepito dalla direttiva europea n. 1992/59/CEE, commi 1, 2, 3) ed al successivo D.Lgs. n. 172/2004 (recepito dalla direttiva europea n. 2001/95/CE) avrebbe valore cogente anche in Italia e obbligherebbe pertanto ad adottare accorgimenti per evitare che il vetro possa rompersi e cagionare così danni alle persone.

Sentenza e motivazioni
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha accolto la tesi difensiva delle parti civili, in particolare rilevando come quanto meno in relazione ai profili inerenti all’obbligo di segnalazione delle vetrate (previsti anche dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo), il ricorso non fosse manifestamente infondato e, quindi, doveva essere considerato ammissibile. Da qui, secondo la Cassazione, la necessità di esaminarlo, anche se ai soli effetti civili, con conseguente immediata applicazione della nuova norma processuale dell’art. 573, comma 1-bis, c.p.p., con conseguente rimessione degli atti al Primo Presidente della Cassazione per assegnare la causa alla sezione civile competente.

Precedenti giurisprudenziali
Quanto ai precedenti giurisprudenziali, il principio di diritto affermato dalla Cassazione, sebbene con motivazione alquanto succinta ma chiara nel suo approdo, riveste particolare importanza, perché costituisce un importante e significativo precedente sul tema, su cui non constano precedenti in termini.

Sull’applicabilità della disciplina prevenzionistica, anzitutto, non possono esservi dubbi in casi come quelli in esame. La normativa relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro è dettata anche per i locali, quale un bar tabacchi, in cui viene esercitata un’attività economica. L’allegato IV del D.Lgs. n. 81/2008 al punto 1.3.6 stabilisce che le pareti a vetrate siano segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all’altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero siano separate dai luoghi di lavoro e dalle vie di circolazione in modo che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti. La circostanza che la normativa si riferisca ai lavoratori, come è noto, non esclude l’applicabilità della stessa anche a coloro che occasionalmente, ma causalmente, vengano a contatto con l’ambiente di lavoro. La Cassazione ha infatti già da tempo chiarito che in tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino, a danno del terzo, i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista, tra siffatta violazione e l’evento dannoso, un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attività e all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico (da ultimo, Cass. Pen., Sez. IV, 17 novembre 2020, n. 32178, CED Cass. 280070 – 01; Id., Sez. IV, 20 gennaio 2014, n. 2343, CED Cass. 258436 – 01).

Analogamente, per quanto la Cassazione non si sia sbilanciata nella vicenda in esame, deve ritenersi con riferimento alla normativa UNI. E infatti, a partire dal maggio 2014 è entrata in vigore la revisione della norma UNI 7697 dal titolo “Criteri di sicurezza nelle applicazioni vetrarie”, in cui si affronta anche il tema della sicurezza del vetro nei locali pubblici. Comunemente si pensa che le norme UNI non siano obbligatorie. Tuttavia, la norma UNI 7697 è resa di fatto obbligatoria dai commi 1, 2, 3 espressi dalla direttiva CEE n. 92/59. In caso di incidenti, rotture, lesioni o altri danni indicati al paragrafo 7 della UNI 7697 “Danni o rischi conseguenti alla rottura delle vetrate” la non conformità alla norma comporta sanzioni sia civili sia penali. Questo rende di fatto obbligatorio per tutti la messa in sicurezza dei vetri nei locali pubblici. Il D.Lgs. 17 marzo 1995, n.115, ha poi attuato proprio la direttiva n. 92/59/CEE relativa alla sicurezza generale dei prodotti. Il D.Lgs. n. 115/1995 è stato abrogato dal dall’art. 12, D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 172 che, a sua volta, è stato abrogato dall’art. 146, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo), il tutto in continuità normativa. Dunque, oggi, è il Codice del consumo a stabilire la cogenza in Italia delle norme (da ultimo contenute nella direttiva UE 3 dicembre 2001, n. 2001/95/CE, ossia la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla sicurezza generale dei prodotti, già recepita dal D.Lgs. n. 172/2004, e obbliga pertanto anche i titolari dei bar tabacchi ad adottare accorgimenti per evitare che il vetro possa rompersi e cagionare così danni alle persone.

Articolo scritto dal dott. Alessio Scarcella